Rezumat articol ediţie STUDIA UNIVERSITATIS BABEŞ-BOLYAI

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    STUDIA THEOLOGIA%20ORTHODOXA - Ediţia nr.1-2 din 2002  
         
  Articol:   MISCELANEEA - ISRAEL ŞI NEAMURILE ÎN VIZIUNEA PROFEŢILOR BIBLICI / SINTESI DELL’ELABORATO “ISRAELE E LE NAZIONI NELLA VISIONE DEI PROFETI BIBLICI”.

Autori:  MOLDOVAN ALEXANDRU.
 
       
         
  Rezumat:  Sintesi dell’elaborato “Israele e le nazioni nella visione dei profeti biblici”. In ogni tempo la storia di Israele ha attirato su di sé l’attenzione del mondo. Il suo destino è stato glorioso e doloroso allo stesso tempo. Disperso tra gli altri popoli pagani, Israele non ha perduto la sua identità consapevole che, davanti a Dio, ha uno statuto unico. Israele, secondo la Sacra Scrittura, è sempre chiamato ad essere “primogenito” del Signore (Es 4,2; Ger 31,9). Per questa ragione aspetta sempre un segno da Dio (Mt 12,38; 16,1; Lc 11,16; 1Cor 1,22), ma o non lo ottiene o non sa riconoscerlo (Ger 8,7-8; Mt 16,3; Lc 12,56). Per spiegare il suo ruolo nel mondo le parole umane non bastano. Dobbiamo capire il piano di Dio espresso chiaramente nella rivelazione. Solo così capiremo con oggettività l’economia divina e il ruolo speciale di Israele in questo piano. Lo scopo dello studio è quello di ravvisare qual è il rapporto tra Israele e i popoli pagani. Nel tentativo di scoprire questo rapporto abbiamo intravisto due aspetti. Innanzitutto Israele si trova in una situazione di separazione o di opposizione rispetto ai gentili, come esigenza voluta - fino ad un certo punto - da Dio per mantenere la fede monoteista. Poi “l’elezione di Israele” è aperta alla chiamata dei gentili (questo aspetto si vede chiaramente nei libri profetici). Israele ha la missione di essere il popolo eletto da Dio, quindi il popolo nella cui storia Dio ha preparato la venuta del suo Figlio. Israele vive sotto il segno della promessa divina e il suo ruolo è quello di essere ciò che Dio ha voluto egli fosse: il popolo eletto. Israele deve compiere una missione divina nel mondo. Davanti agli altri popoli egli è la “testimonianza del vero Dio”. Essere il “popolo di Dio”: questa è in definitiva la sua missione e il suo ruolo nel mondo. Così hanno concepito i profeti il ruolo di Israele in relazione ai gentili. I testi biblici e le profezie ricordano l’interesse del Dio di Israele in rapporto ai gentili. L’ultima missione di Israele, per quello che riguarda i gentili, è comunicare la rivelazione divina. La Chiesa ha avuto alla “fine dei tempi” la missione di comunicare ai gentili che il piano di Dio si è compiuto in Gesù Cristo. La Chiesa si appoggia sulla testimonianza dell’Antico Testamento quando annuncia che il piano di Dio, per ciò che riguarda i gentili, si è realizzato. La Chiesa sa di costituire il nuovo “Israele di Dio” o il nuovo “popolo di Dio” e per questo eredita la missione dell’antico popolo di Israele. “Israele di Dio” (Gal 6,16), distinto dall’Israele “secondo la carne” (1Cor 10,18), la vera discendenza di Abramo (Rom 4,11-18; 9,6-8; Gal 3,7-9; 4,28-31). Il nuovo popolo di Dio ha la vera “circoncisione” (Fil 3,3; Col 2,11) e per questo motivo merita il nome di “giudeo” (Rom 2,29), invece i giudei non convertiti di Smirne usurpano questo nome (Ap 2,9; 3,9). Nel Nuovo Testamento i cristiani sono chiamati “santi”, come nell’Antico i membri del popolo eletto. Quelli che nell’antichità erano un “non-popolo” adesso sono il “popolo di Dio” (1Pt 2,9-10), ricevendo il nome riservato nell’Antico Testamento per Israele: “popolo eletto”, “regno di sacerdoti”, “popolo santo”. La Lettera agli Ebrei parla di tutto quello che Dio ha fatto in mezzo al suo popolo: l’esodo, l’alleanza, il sacerdozio, il giorno del riposo, il culto per dimostrare che tutti questi sono compiuti in Gesù Cristo, il nuovo Mosè e il sacerdote eterno. San Paolo parla della priorità che appartiene agli Ebrei nel piano di Dio (Rm 1,16; 2,9-10; Gal 2,15) perché a loro sono fatte le promesse della salvezza. Ma san Paolo sostiene che in Cristo i giudei non hanno più questa priorità etnica. Il giudeo battezzato in Cristo non ha la sua speranza nell’adempiere le prescrizioni giudaiche della Legge, ma davanti alla grazia di Cristo tutti gli uomini, giudei e pagani, sono salvati per mezzo della fede (Rm 2-3). Cristo così ha abbattuto il muro che separava Israele dagli altri popoli. Così il piano di Dio è compiuto. I giudei, poi i pagani, sono insieme l’unico “popolo” (Ef 1,4-10). Dal resto di Israele Dio ha formato il suo nuovo popolo e questo resto è quello che ha accettato il messaggio del Vangelo, riconoscendo che la Legge mosaica aveva trovato il suo compimento in Cristo. E, come hanno annunciato i profeti, a questo resto si sono aggiunti i gentili: “Chiamerò popolo mio, quelli che non erano il mio popolo”. Ma verrà un tempo quando Israele ritornerà a Cristo (nella visione di Paolo questa è una speranza certa), sebbene il tempo e il modo restino un mistero. Questo ritorno deve sottolineare in un certo modo la realizzazione del piano di Dio in ciò che riguarda la salvezza. La missione della Chiesa ha come fine radunare tutte le membra di Cristo sotto un solo Capo. Gli scritti dell’Antico Testamento annunciavano questo incontro tra Jahvè e i gentili in Sion. Il Vangelo annuncia che Dio adesso ci viene incontro in Cristo Gesù. Nell’Antico Testamento (in Sion) e nel Nuovo Testamento (in Gesù Cristo) Dio attende che tutti gli uomini lo incontrino. L’antico popolo e il nuovo popolo di Dio hanno questa missione di essere davanti al mondo la testimonianza autentica del Dio vivo e vero. L’evangelizzazione non è un “affare” di parole, ma è una questione di “presenza”: la presenza di Dio nel suo popolo; la presenza del popolo di Dio nel mondo.  
         
     
         
         
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